Parigi 2012 – Poco importa che il match termini in poco più di un’ora, con un rapido 6-3 6-2...
Quel che conta sono i quasi due milioni di persone che dall’Italia hanno visto la partita in televisione, tra cui più di qualcuno, incuriosito, il giorno dopo sarà andato a comperare una racchetta. Perchè il tennis è un demone subdolo, una malattia insidiosa e tenace, come la malaria. Una volta che sei stato punto, non te ne liberi più.
Nelle antiche storie di spade e duelli c’è sempre un maniero, un castello, una fortezza, dotata nei sotterranei di una buia segreta adibita alla tortura dei prigionieri. Ma anche nel moderno tennis professionistico, se sapete dove guardare, potete trovare la sala delle torture: è la parte del campo che si trova fra la riga di fondo e i giudici di linea. La vera tortura del tennis sta nelle innumerevoli pause fra un punto e l’altro, il cui il giocatore è solo con se stesso, con i suoi timori e con i fantasmi della sua mente.
Gli uomini cercano disperatamente di scorgere, se non un senso, almeno un ordine logico e coerente in una sconnessa e confusa serie di eventi, totalmente dominati dai capricci del caso.
Non esiste una corazza impenetrabile, non esiste un muro che non si può abbattere, non seiste una fortezza inespugnabile. Prima o poi, se si vuole vincere, bisogna uscire allo scoperto e duellare faccia a faccia. Una spada se ne intende di queste cose.